Vallelunga : Settant'anni di storia
Dal '57 fa emozionare tutti quanti. Ancora oggi è uno dei circuiti italiani più impegnativi. Nasce dalla mente dell'ingegnere Piero Taruffi sulle ceneri di un velodromo. E' il Tempio Romano della Velocità.
Finalmente analizziamo oggi l'Autodromo di Vallelunga

L'autodromo di
Vallelunga, intitolato a Piero Taruffi, vanta una storia che dura da quasi settant'anni di
tradizioni. Da ippodromo sabbioso, nel '57 venne riadattato ed asfaltato.
Nel corso degli anni è stato modificato più e più volte, fino al 2005, quando è stato aggiunto un ulteriore chilometro di tracciato.
Dal rettilineo dei box, rovesciando il gas a due mani, si affronta il primo lungo curvone, un sinistra-destra-sinistra, come se fosse una gobba del circuito.
Da qui una potente frenata permette di inserirci nelle due successive curve, da raccordare alla perfezione: le Cimini 1 e 2.
All'uscita della seconda, leggermente in salita, non si prosegue più dritto come un tempo, ma si piega procedendo per un tratto dritto, quindi si curva a destra alla Campagnano.
Ripartenza rapida verso un breve rettilineo, che tramite la curva Soratte, si riallaccia al vecchio circuito all'altezza della Trincea.
Un rapido cambio di direzione e una manata di gas (da chiudere in fretta) ci portano alla curva 5, il Semaforo, dritti nella sezione più guidata della pista. Il Tornantino con i suoi due rettilinei in ingresso e uscita e la Esse sono la parte più difficile del circuito, dove sbagliare traiettoria non è ammesso.
Finiti questi, l'ultima sezione è pura poesia: un nuovo rettilineo ci conduce ad affidarci ancora a san Brembo, per inserirci nell'ultima curva, la Roma, che dalla sua uscita ci spara di nuovo sul rettilineo dei box a gas spalancato, verso un nuovo giro.
E voi conoscevate la storia dell'Autodromo di Vallelunga? Fatecelo sapere qui sotto